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IL CARD. BASSETTI: «CON L'AMORIS LAETITIA LA CHIESA GUARDA AL REALE E NON GIUDICA L'APPARENZA»

di Laura Badaracchi

Al terzo simposio sul tema “Il Vangelo dell’amore tra coscienza e norma” il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ha rimarcato: «Sì, l'esortazione apostolica di Papa Francesco è un capolavoro, un documento bellissimo, a tratti poetico, denso di significati, va letto con serenità, senza essere influenzati da interpretazioni epidermiche. Diffuse in un dibattito pubblico che sembra prediligere il sensazionalismo».-

La parola d’ordine è «accompagnare prima certe situazioni, perché non si giunga alla rottura del vincolo». Così don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia, ha sintetizzato il filo rosso del terzo simposio sull’Amoris Laetitia sul tema “Il Vangelo dell’amore tra coscienza e norma”, promosso oggi a Roma.
Ad aprire i lavori – a cui hanno partecipato più di 50 teologi, docenti di scienze umane, esperti di pastorale e rappresentanti dell'associazionismo, insieme ad alcuni vescovi, rettori di seminari e anche referenti degli Uffici di pastorale familiare di alcuni Paesi europei – un videomessaggio di Papa Francesco: «Il tema è di grande rilievo e può illuminare il percorso che le Chiese in Italia stanno compiendo. L’amore fra uomo e donna è evidentemente fra le esperienze umane più generative, è fermento della cultura dell’incontro. Davvero il bene della famiglia è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa. Proprio la famiglia nata dal matrimonio genera legami fecondi, antidoto all’individualismo dilagante. C’è chi parla di egolatria, sul cui altare si sacrificano anche gli affetti più cari. È questo un inquinamento che corrode gli animi, producendo false illusioni».
Tuttavia, ha proseguito Bergoglio, «nella realtà domestica si trovano nodi concreti da affrontare: l’importante è che i genitori e gli sposi non siano lasciati da soli, ma accompagnati. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle. Nell’intimo di ciascuno c’è un luogo dove Dio si rivela, la coscienza.
Al cristiano spetta vigilare affinché in questa sorta di tabernacolo non manchi la grazia che illumina e fortifica» genitori e sposi. A Cana, ha concluso il pontefice, «Gesù compie un segno eloquente: indica in particolare la medicina della misericordia che guarisce la durezza del cuore, risanando i rapporti», auspicando che la Chiesa italiana «possa sostenere il cammino di tante famiglie, aiutandole a vivere la gioia del Vangelo e a essere cellule attive nella comunità».
A seguire il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Cei, ha rimarcato: «Amoris Laetitiae è un documento bellissimo, a tratti poetico, denso di significati, che va letto con serenità, senza essere influenzati da interpretazioni epidermiche diffuse in un dibattito pubblico che mi è parso prediligere il sensazionalismo».
Definendo ancora «capolavoro» l’esortazione apostolica firmata da Bergoglio, il porporato ha ricordato che in questo testo «la Chiesa che affronta alle questioni, in questo caso la famiglia, con uno sguardo al reale, con la prospettiva di chi non giudica in base all’apparenza», invitando a «non scadere mai in un moralismo astratto. I coniugi non possono essere lasciati soli nel mettere in pratica il Vangelo». Infine Bassetti ha chiesto di avviare una riflessione ecclesiale «sulla condizione della donna, con mitezza e coraggio».
Per monsignor Giuseppe Lorizio, docente di teologia fondamentale alla Pontificia Università Lateranense, «ritenere che Amoris Laetitia sia fuori dalla tradizione o contro la tradizione è in malafede. Dipende da quale idea abbiamo di tradizione, che è sviluppo della dottrina, del dogma. Il Vangelo dell’amore non significa anarchia che dà adito a qualsiasi forma che possiamo ritenere amore». E ha concluso con una domanda aperta: «C’è qualcosa da cambiare nella giurisprudenza per meglio esprimere il Vangelo dell’amore?».
Alla chiave della misericordia ha rimandato padre Manuel Jesús Arroba Conde, claretiano, preside dell’Istituto Utriusque Iuris alla Lateranense, che nella sua relazione ha chiarito come non bisogna «intendere il rapporto fra coscienza e norma in modo dialettico», ma «includere il bene come terzo elemento della relazione». Se «le rotture coniugali segno dei tempi a cui annunciare il Vangelo», occorre avviare un contatto concreto fra «pastorale giudiziale e pastorale familiare: ci vuole maggiore amicizia con i canonisti. E la pastorale parrocchiale è chiamata a essere in uscita, verso le coppie in difficoltà. Non ha senso che gli operatori della pastorale familiare tentennino nel proporre la verifica di un matrimonio».
da www.famigliacristiana.it
@Riproduzione Riservata del 12 novembre 2017

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