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CAV - Centro di Accoglienza alla Vita Vogherese ODV

Via Mentana n. 43
27058 Voghera (PV)
Tel: 349 4026282
email: cavvoghera@virgilio.it

da www.vogheranews.it
@Riproduzione Riservata del 15 marzo 2024

PROVINCIA – Sabato 23 e domenica 24 marzo tornano le Giornate FAI di Primavera, il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese: 750 luoghi in 400 città saranno visitabili a contributo libero in tutta Italia. In Lombardia saranno 129 i beni che apriranno le loro porte in 51 comuni grazie ai Volontari delle 17 Delegazioni, degli 8 Gruppi FAI e dei 16 Gruppi FAI Giovani attivi in tutta la regione (elenco dei luoghi e modalità di partecipazione, consultabili su www.giornatefai.it).

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A coloro che decideranno di partecipare verrà suggerito un contributo libero a partire da 3€ utile a sostenere la missione di cura e tutela del patrimonio culturale italiano della Fondazione. Gli iscritti al FAI o chi si iscriverà per la prima volta durante l’evento potranno beneficiare dell’accesso prioritario in tutti i luoghi, e di aperture e visite straordinarie in molte città e altre agevolazioni e iniziative speciali.

A seguire i luighi vistabili nella nostra provincia

PAVIA

PALAZZO MEZZABARBA

ORARI

Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 18:00

Domenica: 10:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:00)

Sede principale del Comune di Pavia, Palazzo Mezzabarba sorge nel cuore della città, affacciato sulla piazza del Municipio. Ricostruito tra il 1726 e il 1732 nelle forme del barocchetto, con impianto a T, per volere dei fratelli Giuseppe e Girolamo Mezzabarba, fu in seguito arricchito di un nuovo oratorio privato, dedicato ai Santi Quirico e Giulitta e voluto nel 1734 da Carlo Ambrogio Mezzabarba vescovo di Lodi. Tutto il complesso adibito a residenza della famiglia Mezzabarba costituisce probabilmente la realizzazione parziale di un più ambizioso progetto dell’architetto Giovanni Antonio Veneroni. Il complesso è articolato su due cortili, con un corpo perpendicolare al blocco della fronte, in cui si trova il porticato da dove parte lo scalone d’onore che introduce al piano nobile. L’imponente facciata è adornata da due grandi portali e tre ordini di finestre con architravi decorati. I saloni conservano affreschi settecenteschi, in prevalenza ispirati a temi mitologici. L’interno, a pianta ellittica, conserva due pregevoli affreschi laterali del varesino Pietro Antonio Magatti, importante pittore dell’epoca: l’Immacolata Concezione e S. Carlo Borromeo. L’affresco della volta, coi santi titolari, è del milanese Bianchi. In occasione delle Giornate FAI si potranno visitare in particolare il magnifico salone da ballo (Sala della Musica) affrescato dal cremonese Giovanni Angelo Borroni, personalità di primo piano tra i pittori del Settecento lombardo e la Cappella SS. Quirico e Giulitta, ora utilizzata per celebrazioni ed eventi.

PAVIA

ISTITUTO DI ANATOMIA UMANA NORMALE

ORARI

Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 18:00

Domenica: 10:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:00)

La cittadella scientifica non poteva essere completa senza l’erezione dei padiglioni destinati alla propedeutica medica, che vengono pensati a nord della cinta muraria del policlinico e terminati intorno alla metà degli anni Trenta. Fra questi spicca senza dubbio l’Istituto di Anatomia Umana Normale. L’Istituto, posto in via Forlanini 8, in vicinanza del nuovo Policlinico San Matteo, si sviluppa su due piani fuori terra, un piano ammezzato ed un piano seminterrato.

La costruzione del nuovo Policlinico pavese a nord ovest del centro cittadino per ragioni di salubrità e per la grande presenza di acque, prese avvio nel 1914, come parte essenziale del riordino degli edifici universitari dedicati alle scienze, a seguito di un concorso di idee, piuttosto travagliato nelle sue fasi, del quale risultarono vincitori gli ingegneri Arnaldo Gardella e Luigi Martini. Dopo una lunga pausa dovuta al primo conflitto mondiale, solo nel 1925, grazie a un cospicuo stanziamento governativo, i lavori ripresero, con l’intervento di Giuseppe Mariani e Leonardo Sala, ingegneri del genio civile pavese, cui si deve la distribuzione definitiva degli spazi e la scelta formale che ancora oggi caratterizza i padiglioni del nosocomio.

Sviluppato con la fronte verso sud, su via Forlanini, mantiene in facciata una precisa simmetria con aggetti laterali, uno dei quali costituisce l’ingresso. A nord est la grande aula, che conserva ancora oggi le sedute originali, a doppia altezza, ricalca le proporzioni delle aule storiche neoclassiche. Si affiancano a essa la stanza per le fotografie e lo studio del direttore, a est del quale si apre la biblioteca e il museo. Al piano seminterrato, invece si praticano le dissezioni, in un grande ambiente dotato di tavoli specificamente disegnati per lo scopo. Estremamente efficiente nella distribuzione spaziale, l’Istituto rappresenta uno degli esempi migliori della cultura universitaria scientifica dell’epoca: nella logica dello spazio, nella razionalità degli ambienti perfettamente illuminati e ariosi, si compone l’idea di una cultura medica che affonda le proprie radici nella tradizione (rappresentata da biblioteca e museo) e che si protende verso il futuro (spazi per la sperimentazione e la didattica).

SIZIANO

ALLA SCOPERTA DEL BORGO E

DELL’ABBAZIA DI CAMPOMORTO

ORARI

Sabato: 14:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30)
Note: Turni di visita ogni 30/40 minuti.

Domenica: 10:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30)
Note: Turni di visita ogni 30/40 minuti.

HomeIn caso di particolare affluenza l’ingresso al luogo potrebbe non essere garantito.

La Chiesa di Santa Maria Assunta sorge nel borgo di Campomorto, poco distante dall’abitato di Siziano. Fu voluta da Boschino Mantegazza, comandante dei milanesi, dopo la morte del figlio schierato con i pavesi nella battaglia del 1061; la fece costruire come voto, insieme a un ospizio per i pellegrini, un monastero e un oratorio (il Gesiolo). Dell’edificio originario, rimane oggi solo il campanile. Nel corso dei secoli la chiesa è stata ricostruita; attualmente ha pianta trinavata, con abside semicircolare, copertura a botte della navata centrale e piana per le navate laterali.

Nel suo interno custodisce un’opera d’arte di grande pregio: la pala marmorea commissionata dalla famiglia Mantegazza alla fine del Quattrocento e completata nel 1491. In bianco marmo di Carrara, la grande pala a trittico fu scolpita e posizionata nell’abside poligonale, oggi considerata la parte più antica della chiesa: i raffinati bassorilievi rappresentano alcuni episodi della vita di Maria e sono scolpiti con maestria e finezza, simili per fattura e simbologia alle coeve della Certosa di Pavia.

Se per la preziosa pala non esistono certezze circa il nominativo dell’autore, gli splendidi bassorilievi sarebbero da attribuire a Cristoforo Solari o a Benedetto Briosco, artisti di somma fama che lavorarono alla Certosa di Pavia.

STRADELLA

IL ROMANICO DI SAN MARCELLO IN MONTALINO

ORARI

Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 17:30 (ultimo ingresso 17:00)

Domenica: 10:00 – 12:30 / 14:30 – 17:30 (ultimo ingresso 17:00)

La Basilica di San Marcello in Montalino sorge ai piedi dell’omonimo poggio che sovrasta la città di Stradella. Decentrata rispetto al centro abitato, è circondata dalle belle colline dell’Oltrepò Pavese e guarda verso la Pianura Padana che si apre davanti a lei. E’ uno dei più pregevoli esempi di architettura romanica del territorio.

L’origine risalirebbe alla fine dell’XI-inizio XII secolo, probabilmente nello stesso luogo in cui sorgeva un piccolo edificio sacro che la tradizione collegava al re longobardo Liutprando. La prima testimonianza risale al 1322, quando era la chiesa parrocchiale del borgo di Stradella. Nel 1500 la Basilica diventa oratorio; viene pian piano abbandonata ma poi restaurata; nel XVII secolo viene costruita la torre campanaria. Nel 1829, passata sotto la proprietà del demanio, diventa lazzaretto per i malati di colera. Il Comune di Stradella la acquista nel 1901 e la restaurerà tra il 1933 e il 1958 e poi dal 1999.

La Basilica in tipico stile romanico lombardo ha un esterno con facciata a capanna ed un interno suddiviso in tre navate, con la centrale più alta e spaziosa. Sono presenti solo due delle tra absidi originarie in quanto una è stata abbattuta per fare spazio alla torre campanaria. Si notano antichi affreschi, venuti alla luce nel restauro del 1958. Nel pavimento sono in evidenza le pietre che ricordano i resti della precedente fondazione.

VISITE A CURA DI

Apprendisti Ciceroni del Liceo “Galilei” di Voghera

CASSOLNOVO

VILLANOVA, DALL’ANTICHITA’ ROMANA AGLI ANNI RUGGENTI DEL 900

ORARI

Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 18:00
Note: Ogni 30 minuti partiranno turni di visita di circa 20 persone

Domenica: 10:00 – 12:00 / 14:00 – 18:00
Note: Ogni 30 minuti partiranno turni di visita di circa 20 persone

Scoprire Villanova di Cassolo in una giornata di Primavera, tra risaie allagate, papaveri, aironi, sentieri e mura antiche di centinaia di anni può equivalere a sfogliare un piacevole manuale di storia medievale con la consapevolezza, tuttavia, che il suo percorso non si ferma in quelle pagine. Perché la storia della suggestiva frazione comincia ancora più lontano e non perde certo di carattere nel corso delle epoche successive.

Una viva comunità affondava infatti i suoi esordi fin dall’età romana a ridosso di un probabile edificio prossimo all’altare di Marte; nel Medioevo sono i Monaci Vallombrosani a scandire il trascorrere delle stagioni, mentre in epoca rinascimentale tocca agli Sforza lasciare un segno nella storia facendo di Villanova la prima tenuta europea ad inaugurare una florida coltura risicola. E poi il transito di eserciti, il fischiare di proiettili, le sperimentazioni di ingegneria idraulica, l’insediarsi dei Gonzaga di Mantova “princip, marchés,baròn” per citare il poeta dialettale Natale Giarda.

Così dal XIX secolo la località accoglie ogni anno centinaia di mondariso e negli anni più drammatici della nostra storia, con l’istituzione della Repubblica sociale e l’arrivo delle armate tedesche in Italia, ecco che la frazione diviene una sorta di “porto franco” ove fuggiaschi e perseguitati possono trovare rifugio, mentre per la milizia fascista è territorio OFF LIMITS.

STRADELLA

STRADELLA CITTA’ DI AGOSTINO DEPRETIS

ORARI

Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 17:30

Domenica: 10:00 – 12:30 / 14:00 – 17:30 (ultimo ingresso 17:00)

In caso di particolare affluenza l’ingresso al luogo potrebbe non essere garantito.

Nel punto esatto in cui l’Appennino si fa pianura, sorge la cittadina di Stradella, circondata da colline con generosi vigneti. Affacciata e quasi protesa verso il fiume Po, è uno dei centri più importanti dell’Oltrepò, la ‘terra a forma di grappolo d’uva’, come la ribattezzò il grande Gianni Brera.

Il borgo nasce attorno all’anno Mille, quando i possessori del feudo dell’Aversa nell’Oltrepò fecero costruire una Rocca sulla collina. Attorno al castello, cresce l’insediamento, e proprio poco dopo l’anno Mille viene edificata la bella Basilica di Montalino. Nel XIII secolo Stradella risulta essere il centro di commercio più importante della zona e viene quindi anche reso più sicuro grazie alla costruzione di mura fortificate e della Rocca Inferiore. Nei secoli si susseguono le dominazioni francese, spagnola e austriaca. Nel 1800, quando viene abbattuta la Rocca Inferiore per fare spazio alla piazza, la città assume la fisionomia attuale, si arricchisce di bei palazzi nobiliari, vengono costruite la ferrovia, il teatro e le prime manifatture.

Il filo rosso della nostra Giornata FAI è la figura di Agostino Depretis. Illustre cittadino e sindaco di Stradella, Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia ed esponente della Sinistra Storica, rimase legato alla sua città natale, dove trascorreva i mesi estivi. A lui si deve la costruzione della ferrovia che collega l’Oltrepò orientale a Pavia, ma anche il Teatro Sociale che è ancora oggi un bellissimo esempio di teatro italiano ottocentesco.

CASATICO DI SIZIANO

IL GESIOLO DI CASATICO

ORARI

Sabato: 14:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30)
Note: Turni di visita ogni 40 minuti.

Domenica: 10:00 – 18:00 (ultimo ingresso 17:30)
Note: Turni di visita ogni 40 minuti.

La piccola chiesa del Gesiolo, ovvero l’Oratorio di Santa Maria a Casatico, si trova all’interno di un parco nella campagna tra Pavia e Milano, ai bordi di un laghetto, poco distante dall’abitato di Siziano.

Nel 1061 dopo la battaglia di Campomorto, Boschino Mantegazza, comandante dei milanesi, dopo aver saputo della morte del figlio che combatteva tra i pavesi, fece costruire una chiesa dedicata a Maria Assunta simbolo di Resurrezione, un convento e un ospizio per i pellegrini. Nel luogo dove si era svolta la battaglia fece costruire un oratorio piccolo e semplice dedicato a Maria, con un affresco dove la Madonna allatta il suo bambino, che tiene in mano una ciliegia rossa color sangue. E’ la prima struttura del Gesiolo. Agli inizi del 1500, ad opera di Gerolamo Mantegazza, al posto del piccolo oratorio viene costruita un’ampia chiesa a pianta centrale sormontata da un grande tiburio ottagonale, secondo una forma ideale tipica del Rinascimento.

La chiesa era completamente affrescata e ancora oggi si possono ammirare al centro dell’abside Maria incoronata da angeli che allatta il Bambino tra i Santi e, sulle pareti laterali, scene della vita delle Madonna. Gli affreschi sono attribuiti al Maestro dei Santi Cosma e Damiano, pittore vicino al leonardesco Bernardino Luini. Con il passare del tempo emersero problemi legati alla staticità dell’edificio, per cui si dovette procedere ad alleggerire la cupola per poi realizzare un semplice tetto piano, ma un cedimento della copertura impose la riduzione dell’ampiezza della chiesa ad aula unica come la vediamo oggi. A lungo abbandonata, la chiesetta venne acquistata nel 1932 dalla famiglia Castelli, che provvide a lunghi lavori di restauro e tuttora se ne prende cura.

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di Ilaria Sanzarello, ortopedica pediatrica

da www.uppa.it
@Riproduzione Riservata

Tra le modalità transitorie di deambulazione nei primissimi anni di vita c’è anche quella sulle punte, che in assenza di altri segni clinici è del tutto fisiologica. Se però prosegue oltre i 3 anni, la situazione va attenzionata e valutata assieme al pediatra.-

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È un errore comune pensare che un bambino che abbia da poco imparato a camminare sia già in grado di farlo proprio come noi adulti. La conquista dell’autonomia nella deambulazione è una tappa certamente cruciale nella crescita motoria dei piccoli, ma la maniera in cui ciò avviene, per i primi due-tre anni di vita, vede l’alternanza di diverse fasi, nella maggior parte dei casi transitorie. Come ad esempio quella di camminare sulle punte (il cosiddetto toe walking), tendenza piuttosto frequente soprattutto nella fase iniziale della deambulazione autonoma. Ma se i genitori vedono il proprio bambino che cammina sulle punte e questa fase si prolunga nel tempo, dovrebbero preoccuparsi? Cerchiamo di capirlo in questo articolo.

Perché mio figlio cammina sulle punte?

«Perché il mio bambino cammina sulle punte?». Facciamo (è proprio il caso di dirlo) qualche passo indietro… 

Occorre immaginare il piccolo alle prime armi con la deambulazione come un giovanissimo e acerbo atleta alla continua e incessante ricerca di migliorare le proprie prestazioni in termini di equilibrio e di schema motorio. È per questo che, proprio come un atleta che passa il tempo ad allenarsi, allargherà le gambe, quindi la sua base d’appoggio, per sentirsi più stabile, o magari alternerà passi molto rapidi a passi lenti. Un altro bambino, invece, potrebbe mantenere un incedere lento e barcollante a lungo, o piuttosto inciamperà spesso o porterà le punte dei piedi in dentro.

Tra le modalità transitorie di deambulazione nei primissimi anni di vita troviamo appunto anche l’azione di camminare sulle punte, probabilmente messa in atto dal bambino con lo scopo di spostare avanti il proprio baricentro e ottimizzare l’energia nei suoi primi passi.

Ogni modalità appena descritta, compresa quella di camminare sulle punte, è comunque da considerarsi fisiologica nelle prime fasi di autonomia motoria poiché, appunto, fa parte di quell’allenamento costante e progressivo che porterà lentamente il piccolo a migliorare il proprio equilibrio, la sicurezza nella deambulazione e la propria postura.

Camminare sulle punte, in particolare, è una modalità che riguarda un ampio numero di bambini anche più grandi (5%), tanto che questi si meritano l’appellativo di toe walker, ovvero coloro che deambulano in maniera prevalente, o persistente, sull’avampiede con entrambi gli arti inferiori.

L’andatura sulle punte, dunque, se presente nei bambini di età inferiore ai 3 anni e in assenza di ulteriori elementi clinici, non deve destare preoccupazione nei genitori.

Cosa fare se un bambino cammina sulle punte

Vediamo adesso alcuni consigli per il toe walking. È innanzitutto importante osservare il bambino durante tutte le fasi della sua giornata. Nella maggior parte dei casi l’azione di camminare sulle punte è, come detto, solo un’abitudine transitoria e il piccolo mostrerà di essere comunque in grado di deambulare appoggiando tutto il piede, se gli viene espressamente chiesto di farlo.

Non vanno messi in campo particolari “rimedi” se il bambino cammina sulle punte. In questi casi basterà invitarlo di frequente ad appoggiare tutto il piede al suolo creando magari dei giochi di stimolazione sensoriale plantare differente. Ad esempio: stimolarlo a camminare su tappeti di consistenza diversa, sull’erba, sulla sabbia, sui materassi, sui cuscini, eccetera. Ma più in generale sarà sufficiente lasciare che il “piccolo atleta” continui a sperimentare liberamente la propria deambulazione e anche le eventuali cadute, che rappresentano una parte fondamentale del suo sviluppo motorio complessivo. 

La tendenza a camminare sulle punte sembra essere più frequente nei bimbi che hanno utilizzato il girello. Ciò è verosimilmente legato al fatto che l’utilizzo di questo strumento non consente una corretta acquisizione del controllo del proprio corpo in posizione eretta e piuttosto induce all’utilizzo della spinta sulle punte dei piedi per ottenere il movimento autonomo. Questa è di certo una delle ragioni per cui ne andrebbe evitato l’utilizzo.

 

Quando preoccuparsi se il bambino cammina sulle punte

Occorre preoccuparsi se il bambino cammina sulle punte a lungo? Se è vero che nei primissimi anni di vita questa tendenza è considerata transitoria e non allarmante, è però importante sottolineare che esistono delle condizioni all’interno delle quali va attenzionata (sarà il vostro pediatra a valutare la situazione e a indirizzare eventualmente a una visita specialistica).

In caso di sofferenza fetale o perinatale, ad esempio, o se è presente una conclamata storia familiare di malattie neurologiche di debolezza muscolare o nel sospetto di malattie del midollo spinale (spina bifida) verrà posta l’indicazione di una visita neurologica o neurochirurgica

In caso di coesistenti disturbi comunicativi, deficit di apprendimentodisturbi severi del linguaggio, verrà presa in considerazione la possibilità di effettuare una visita neuropsichiatrica per valutare eventuali segni precoci di malattie della sfera psico-comportamentale, per cui l’andatura sull’avampiede può essere uno degli elementi di presentazione. Circa il 60% dei soggetti affetti da autismo, ad esempio, presenta una deambulazione sull’avampiede, sebbene la letteratura internazionale non sia ancora concorde nell’identificazione del motivo di connessione. Una probabile interpretazione è che il soggetto autistico, deambulando sulle punte, riduca il più possibile gli input sensoriali dal suolo, da lui percepiti come sgradevoli.

Anche in assenza di una delle cause suddette, o di altri segni clinici, esistono poi dei bambini che proseguono a deambulare in maniera preferenziale sulle punte oltre i 3 anni di età. Non sono pochi, rappresentano quasi il 5% e vengono definiti toe walkers idiopatici (o abituali). In questi casi può essere opportuno effettuare una visita ortopedica pediatrica che valuterà la corretta morfologia del piede e della caviglia e la sua escursione articolare (la fisiologica dorsiflessione della caviglia è di circa 15-20°), e consentirà di identificare un’eventuale retrazione del tendine di Achille o la presenza di meccanismi posturali di compenso (iperlordosi reattiva). 

Nei casi di diagnosi conclamata di accorciamento del tendine di Achille, che comporta quindi un ostacolo meccanico al raggiungimento del fisiologico movimento di flessione dorsale (ovvero non consente al piede di poggiare il calcagno al suolo), il trattamento può comprendere fisioterapia mirata allo stretching dei muscoli posteriori delle gambe o rende talvolta necessario l’utilizzo di tutori/gessi o, ancora, iniezioni di tossina botulinica nel muscolo.

Nei casi più severi, invece, si ricorre all’intervento chirurgico. Esistono differenti tecniche di allungamento del tendine di Achille, generalmente si effettuano per via percutanea, senza quindi necessità di ricorrere a vere e proprie incisioni chirurgiche, e vengono accompagnate sempre dall’utilizzo di un apparecchio gessato che consenta al tendine di cicatrizzarsi correttamente.

di Luciano Moia

da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 17 marzo 2024

La nuova sensibilità della reciprocità uomo-donna può essere la strada per superare l’angusto stereotipo del padre padrone senza cadere nel tenerume del “mammo” e ridefinire così un ruolo essenziale.-

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Martedì, memoria di san Giuseppe, è anche per tradizione la festa del papà (anche se per semplificare la festa per tutti sarà oggi). Qualcuno si è chiesto cosa ci sarà mai da festeggiare in una società come la nostra che da molti decenni tenta di estromettere i codici paterni dalla cultura e dalla famiglia, di ridurli a semplici impulsi affettivi, cancellando tutti i processi di identificazione e di trasmissione normativa che il padre incarna, o dovrebbe incarnare, secondo una prospettiva ragionevole, equilibrata e “naturale”, dove le virgolette servono a sottolineare il rischio e l’ambivalenza di evocare la natura.

Osservazione in parte condivisibile, ma che dovremmo cercare di superare con una proposta originale. Nella fatica di staccarci dall’immaginario e dalla sostanza del padre padrone, del padre che non deve chiedere mai, dal padre che si illude di aver pieni diritti sui figli e sulla madre dei suoi figli, ci siamo costruiti una figura eterea, evanescente, più attenta a strappare la benevolenza dei figli che a costruirne il bene autentico, colma di quel tenerume che non giova né alla relazione di coppia né alla crescita dei piccoli. E ora, a metà del guado, incerti tra un passato che vorremmo superare e un presente di cui vediamo tutti i limiti, incapaci di tratteggiare una prospettiva nuova, che da una parte rifiuti la tradizione del padre giudice supremo, con la deriva della violenza di genere, dall’altra prenda le distanze dall’insignificanza del “mammo”, ci accontentiamo di evocare la crisi della paternità senza sforzarci di guardare oltre.

Siamo stanchi di questa lamentazione sociologica ormai diventata un luogo comune. La festa del papà sia piuttosto l’occasione per riflettere sul modo in cui, noi uomini, facciamo i genitori e su come riusciamo o meno ad essere credibili agli occhi dei figli. Impresa difficile, lo sappiamo. Per essere credibili come padri sono necessarie tutta una serie di virtù – pazienza, equilibrio, impegno, attenzione, prudenza, serenità, spirito di sacrificio, autorevolezza, lungimiranza – che appaiono sempre più spesso fuori mercato. Non hanno prezzo perché non si possono acquistare. Bisogna coltivarle dentro sé stessi e non si può farlo da soli. 
Un buon padre è tale se accanto lui c’è una buona madre. In famiglia non ci può essere - non ci dovrebbe essere - un uomo solo al comando, come neppure una donna sola. E, quando si rimane soli – per necessità, per scelta, perché la vita ha preso quella piega anche contro la nostra volontà – le difficoltà si moltiplicano e le conseguenze negative ricadono sulla testa di tutti, a cominciare dai figli. Il frutto dell’esclusione simbolica del padre è quotidianamente davanti ai nostri occhi.

In base ai dati forniti dalle ricerche e dai censimenti americani, il 90% di tutti gli homeless e dei figli fuggiti da casa non aveva un padre in famiglia. I figli cresciuti senza padre hanno più del doppio di possibilità di essere coinvolti in episodi di aggressività criminale. Il 72% degli adolescenti omicidi, il 60% degli stupratori e il 70% dei detenuti con lunghe condanne da scontare provenivano da famiglie dove non c’era il padre. Lo scrive Lorenzo Rizzi, pediatra ed esperto di educazione al maschile, in un libro pubblicato di recente che vale la pena di prendere in mano in una giornata come questa. Si intitola Ce la caveremo vero papa? Sì, ce la caveremo (Cantagalli) e ci fa capire, tra l’altro, perché ha poco senso parlare di paternità in crisi. La crisi, semmai, tocca l’intera famiglia, il modo stesso di vivere le relazioni, a cominciare da quelle più importanti.

«Nella natura umana – scrive Rizzi - tutta la declinazione maschile è coordinata nell’apertura verso quella femminile come paternità potenziale e, viceversa, quella femminile è coordinata alla maternità potenziale». L’abbraccio tra maschile e femminile, insomma, è la chiave di volta per comprendere il passato e il futuro di ciascuno di noi. Quindi, se di crisi si tratta, uomini e donne, padri e madri, insieme devono ridefinire il loro rapporto. C’è una piccola strategia per farlo. Una parola che sintetizza questo impegno e si chiama reciprocità. Come possiamo tradurla? Scambio vicendevole, rapporto ricco di attenzioni e di rispetto, complicità, vicinanza, amicizia, desiderio di guardare avanti e di progettare insieme. Non è facile certo vivere concretamente tutte queste attenzioni, ma almeno se le teniamo presenti avremo fatto un piccolo passo avanti per essere padri “nuovi” - al di là della crisi- e forse migliori. Accanto a madri che lo saranno altrettanto.

di Redazione Internet
da www.Avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 18 marzo 2024

Alle 17 dibattito con il pedagogista Daniele Novara, la professoressa Loredana Perla, ordinario di Pedagogia all'Università di Bari e la presidente dell'Age, Claudia DI Pasquale.-

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Un gruppo di scolari - Fotogramma

“Tornano i giudizi sintetici alla primaria: passo avanti o passo indietro?”. È il titolo del videoforum di Avvenire in programma oggi alle 17. Per seguire il dibattito, in diretta, basterà collegarsi al sito oppure ai canali social del nostro quotidiano.
All’incontro, moderato da Francesco Riccardi e Paolo Ferrario, parteciperanno la professoressa Loredana Perla, ordinario di Pedagogia all’Università “Aldo Moro” di Bari e direttrice del Dipartimento di Scienze della Formazione, psicologia, comunicazione; il pedagogista Daniele Novara; la presidente dell’Associazione italiana genitori (Age), Claudia Di Pasquale. Durante il videoforum sarà possibile sottoporre domande e osservazioni.
Nelle ultime settimane il dibattito sulla scuola è stato, in buona parte, dedicato alla riforma della valutazione nella scuola primaria, argomento al centro anche di un botta e risposta tra la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein e il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. Un emendamento del governo al disegno di legge sul “voto in condotta” vuole, infatti, ripristinare i giudizi sintetici (da “insufficiente” a “ottimo”) al posto dei giudizi descrittivi (da “in via di prima acquisizione” ad “avanzato”), in nome di una presunta maggior chiarezza e di una semplificazione lessicale e semantica. A vantaggio, dicono i promotori della revisione, sia degli alunni che delle famiglie.
L’idea, sostenuta dal ministro Valditara, non piace, però, a molti pedagogisti, che temono il ritorno della “valutazione punitiva”, mortificante per gli studenti, soprattutto i più piccoli. Dal Ministero rassicurano sottolineando che, in ogni caso, la valutazione sintetica sarà accompagnata sempre dalla «descrizione del percorso umano e pedagogico dei bambini». Insomma: più chiarezza non equivale a più severità. Ma, nel dubbio, è partita una raccolta di firme sul web, che ha quasi raggiunto le 10mila adesioni in pochi giorni. Le firme sono di insegnanti, pedagogisti, psicologi e anche di attori, attrici e personaggi dello spettacolo.

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di Marina Corradi
da www.avvenire.it
@Riproduzione Riservata del 17 marzo 2024

Leggo da mesi sul web, non tanto nei titoli quanto fra le righe, cose che due anni fa mi sarebbero parse incredibili. Che la Norvegia teme di avere troppo poco tempo per preparare una difesa contro un eventuale attacco russo. Che i Paesi Baltici stanno costruendo una sorta di linea Maginot lungo il confine con la Russia, a rallentare un’offensiva terrestre.
Che, annuncia il ministro della Difesa tedesco, la Germania ha bisogno di un Esercito in grado di combattere, e occorre farlo capire alla popolazione. La faccia di cui parlo oggi è la mia, nello specchio dell’ingresso di casa, appena spento il pc. Negli occhi vedo uno smarrimento, un peso che due anni fa non c’era.
Galleggia una domanda impronunciabile: possibile? Si parla, davvero, di una possibile guerra in Europa? Ma se esco e vedo gente o salgo su un tram, sento che tutti discutono d’altro: di bollette, di prezzi, o della settimana bianca, o della Ferragni. Questo parlare d’altro un po’ mi tranquillizza, ma non del tutto: e se, in realtà, non volessimo sapere?
A sera il finestrino nero del metrò mi rimanda ancora come uno specchio la mia faccia. Non solo le rughe delle mie private preoccupazioni; ho negli occhi un’inquietudine, come se il mondo mi stesse scivolando sotto ai piedi. Lieta, in fondo, di essere vecchia. Ma, i ragazzi, e i bambini? Ho un’altra faccia, da qualche mese.
Ma pare non se ne accorga nessuno.

di Annarita Briganti

da www.milano.repubblica.it
@Riproduzione Riservata del 17 marzo 2024

L’Arcivescovo di Milano, mentre sorge il sole sulle guglie del Duomo alle 6.30 del mattino.-

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«Milano, tu mi sorprendi». Inizia così il discorso di Monsignor Mario Delpini, Arcivescovo di Milano, mentre sorge il sole sulle guglie del Duomo. Appuntamento alle 6,30 (di mattina), domenica 17 marzo, per riflettere sulla meraviglia – tema della I edizione di SOUL, il festival sulla spiritualità che ha organizzato l’evento –, sulla nostra città, sull’umanità. Per salire sulle Terrazze del Duomo la convocazione è alle 5,45: le necessarie misure di sicurezza, tanta bellezza e quel pubblico colto che a Milano risponde alle proposte di qualità.

C’è anche una bambina ad ascoltare Monsignor Delpini, Don Paolo Alliata, le letture di Alessandro Castellucci – da Tolstoj a Dostoevskij, da Mariangela Gualtieri a Wis?awa Szymborska – e il concerto del violoncellista Issei Watanabe. Un primo tema che emerge dall’intervento di Monsignor Delpini, sempre impegnato nella lotta contro le disuguaglianze, è la necessità di non essere “manichini”. «Milano, città delle vetrine e della gente che non sta in vetrina» dichiara Delpini. «Milano, tu mi sorprendi: dietro le vetrine, i luoghi comuni, le frasi fatte c’è la gente. La gente delle meraviglie. Non le sagome senza spessore alle quali è facile affibbiare etichette; non i manichini senza cuore e senza cervello, utili solo per esibire quello che si può vendere e che si deve comprare».

Monsignore cita El portava i scarp del tennis di Enzo Jannacci, Manzoni e Gadda, fa una parte del suo intervento in spagnolo e in inglese e sottolinea l’importanza della società multiculturale. «Milano che accoglie tutti da qualsiasi parte del mondo» dichiara Delpini, in inglese, «in cerca di futuro, di speranza». La città delle persone meravigliose, sono sempre le sue parole. E, ancora: «Milano delle genti, città dell’accoglienza e città dell’impossibile residenza, città di tutti e città di nessuno, tu mi sorprendi».

Quando Delpini pronuncia la parola “hope”, risuona come un balsamo sul Duomo. Abbiamo ancora in mente i versi di Wis?awa Szymborska, letti da Alessandro Castellucci. “Ieri mi sono comportata male nel cosmo. Ho passato tutto il giorno senza fare domande, senza stupirmi di niente” ha scritto la poetessa Premio Nobel in Disattenzione, alla base dell’argomento di questo primo SOUL. Circa diecimila persone hanno partecipato al festival, segno che c’era bisogno di questa pausa di riflessione attorno ai grandi temi. “…È durato 24 ore buone. 1440 minuti di occasioni. 86.400 secondi in visione” sempre Wis?awa. “Il savoir-vivre cosmico, benché taccia sul nostro conto, tuttavia esige qualcosa da noi: un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal e una partecipazione stupita a questo gioco con regole ignote”.

Don Paolo Alliata ricorda una frase attribuita a Chesterton: “La vita è la più bella delle avventure, ma solo l’avventuriero lo scopre” e invita ad affrontare l’esistenza con questo piglio, a non sprecare i 1440 minuti di occasioni, di stupore, di meraviglia, di spiritualità che abbiamo ogni giorno.

Un incontro di anime, durante questo evento, che è preghiera, meditazione, silenzio anche: tra le varie parti del programma si rimane a guardare il cielo, a pensare, l’applauso scatta solamente alla fine, prima di tornare alle incombenze quotidiane. Issei Watanabe si scalda le mani, tra una sua esibizione e l’altra, e poi, suona divinamente.

Le persone sono sedute, letteralmente, in cima al Duomo, senti che sono in ascolto.Colpisce molto anche l’omaggio alle “donne equilibriste”, sempre da parte di Monsignor Delpini. «Le donne equilibriste tra casa e ufficio, figli da accudire e nonni da curare, cattedre universitarie e figli adolescenti, bilanci milionari e spiccioli da non sprecare» afferma. Mentre ci avviamo alla conclusione di questa esperienza immersiva, registriamo anche questo passaggio: «Milano, tu mi sorprendi… per la gente seria che parla poco, porta la cravatta e aggiusta i danni dell’avidità e dell’idiozia».

La Madonnina veglia su di noi e il finale del discorso di Monsignor Delpini dice: «Sorge il sole e sulle guglie del Duomo sembra risvegliarsi un mondo. Sorge il sole e come si fa a non cantare, a non pregare. O mia bela Madunina che te brillet de lontan…».

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da www.chiesadimilano.it
@Riproduzione Riservata del 16 marzo 2024

«ViaVai» è il titolo della proposta per la prossima estate, presentata insieme al logo a responsabili e coordinatori. Sul sito www.oratorioestivo.it disponibili tutti i materiali.-

In mezzo al viavai spesso frenetico e confuso in cui anche bambini e ragazzi sono immersi, per loro ci sono un luogo e un tempo per capire che la vita ha invece una direzione e una meta e che è il Signore a indicarne la strada.

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«ViaVai – Mi indicherai il sentiero della vita» è il titolo dell’Oratorio estivo 2024, presentato oggi ai responsabili e coordinatori degli oratori, intervenuti presso la sede della Fom a Milano per ricevere in consegna il nuovo progetto e conoscere la struttura della proposta diocesana per l’estate in oratorio.

È iniziato così il viaggio che condurrà alla partecipazione quotidiana di migliaia di ragazzi e ragazze all’avventura estiva degli oratori, che quest’anno inviterà tutti a «mettersi in cammino» in un pellegrinaggio speciale. I ragazzi saranno invitati ogni giorno a riconoscere quei “passi” che tracciano il sentiero di una vita vissuta da discepoli del Signore.

Il logo

È stato presentato anche il logo dell’Oratorio estivo 2024, che è il segno distintivo della proposta diocesana e identifica il lavoro comune degli oratori ambrosiani. Il tratto di una freccia che indica la direzione è sovrapposto all’impronta di uno scarpone di un pellegrino, che ha scelto di percorrere la via. Delle pietre fanno intravedere i passi necessari per compiere il sentiero. Il carattere dello slogan richiama l’ambientazione fantasy del prossimo Oratorio estivo.

I tratti della proposta dell’Oratorio estivo sono offerti sul sito www.oratorioestivo.it, che verrà arricchito di schede e materiali nelle prossime settimane. Il viaggio verso l’estate è appena iniziato.

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da www.chiesadimilano.it
@Riproduzione Riservata del 18 marzo 2024

Il 18 marzo è la Giornata nazionale in memoria delle persone morte a causa del Coronavirus. L’Ufficio diocesano propone intenzioni per le Messe del 17 e del 18.-

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Lunedì 18 marzo ricorre la Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid-19, istituita con la legge n. 35 del 2021: il 18 marzo fu il giorno in cui si registrò il maggior numero di decessi per Coronavirus su scala nazionale.

Il ricordo delle vittime del Covid (che ha colpito famiglie e comunità e ha lasciato una lunga scia di sofferenza e di paura) è preghiera di suffragio per quanti sono deceduti, è vicinanza a chi soffre per la loro mancanza, è richiesta di aiuto al Signore per chi è chiamato a gestire la sanità.

L’Ufficio diocesano per la Pastorale liturgica propone alle parrocchie due intenzioni di preghiera.

La prima è pensata per le Messe di domenica 17 marzo e si collega al Vangelo del giorno.
A Te, Signore, che hai pianto davanti alla tomba di Lazzaro, affidiamo le lacrime di quanti, durante la difficile esperienza della pandemia da Coronavirus, hanno pianto per la morte di persone care che neppure hanno potuto abbracciare e consolare. Accogli quanti sono morti e ricorda a tutti noi che Tu sei Vita e risurrezione. Ti preghiamo.

La seconda è per le Messe di lunedì 18.
Fa’, o Signore, che in questa giornata di memoria per quanti sono deceduti per il Coronavirus il nostro ricordo sia per loro preghiera di suffragio e per noi motivo di responsabilità per il dono della vita e della salute di tutti.
Ricompensa quanti, durante la pandemia, hanno offerto con dedizione e rischio il loro servizio per tutta la comunità.
Ti preghiamo.

da www.vogheranews.it
@Riproduzione Riservata del 13 marzo 2024

VOGHERA – Venerdì, 15 marzo 2024, dalle ore 18:30 – 22, nell’Aula didattica, presso l’ex Op, in viale della Repubblica n.3 si terrà il corso dal titolo “Gestione della persona con disturbi cognitivi e demenze”. Con moderatore il dottor Giuffré Giuseppe
Il corso si inserisce nel progetto “Fondo per l’Alzheimer e le demenze” (Deliberazione n. XI/6793 del 02/08/2022), con l’obietto di creare una reto e gestione integrato delle demenze, con strumenti di telemedicina.
Sono previste realizzazione di una web application; condivisione di piani assistenziali e schede cliniche n collaborazione tra i professionisti della solute territoriali e ospedalieri.
Come scopo finale il miglioramento della qualità della vita della persona con demenza e difficoltà cognitive.

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da www csvlombardia.it
@Riproduzione Riservata del 15 marzo 2024

[ CHI E' MORUZZI ROAD ]: Moruzzi Road è un'organizzazione di volontariato che si occupa prevalentemente della valorizzazione di beni comuni, prendendosene cura attraverso azioni concrete verso l'ambiente ed il recupero del territorio. 

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L'Associazione propone iniziative per favorire la socializzazione e la cura del territorio anche con l'organizzazione di eventi, e promuove il progetto "Moruzzi road-beyond a road" in collaborazione con l'Università di Pavia DICAR ed il Comune di Pavia.

[ COSA PROPONE ]: Per riuscire a realizzare e curare le attività, Moruzzi Road cerca volontari dai 14 anni in su per le seguenti attività:

  • Animazione con bambini in occasione delle iniziative.
    Alcuni esempi di attività possono essere: truccabimbi, sculture di palloncini, giocoleria, organizzazione di giochi vari
  • Supporto nella progettazione, realizzazione, promozione e racconto delle iniziative.

[ COSA OFFRE ]: I volontari potranno partecipare alle attività in base alla disponibilità che possono offrire, considerando che le iniziative vengono realizzate principalmente durante il fine settimana. Inoltre potranno collaborare con l'organizzazione della giornata apportando spunti e acquisendo esperienza.

Ente

Nome Ente: Moruzzi Road

Quando

Le attività si svolgono prevalentemente nei fine settimana nelle ore pomeridiane

Dove

Le attività dell'associazione si svolgono nelle vicinanze della scuola Primaria Maestri di Pavia

Per informazioni

Referente Ente: Giuseppe Giacalone

Cellulare: 3492900762 E-mail: moruzziroad.2017@gmail.com

CAV Voghera

L'Associazione Vogherese di volontariato, che aiuta gratuitamente la donna in difficoltà ad accogliere la vita, superando le difficoltà.

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